martedì 17 novembre 2015

LA GENTILEZZA, UNA RISPOSTA ALLA CRISI



Articolo apparso su Psychologies. Traduzione a cura di Rita Caprioglio.

L’uomo non può più essere un lupo per l’uomo…In questi tempi turbolenti, noi tutti abbiamo bisogno di solidarietà e di benevolenza. Per far fronte ma anche, perché no, come un’alternativa al troppo individualismo. Come ogni anno, Psychologies organizza in Francia la Giornata della Gentilezza, già presente in diciassette paesi. E se le crisi che noi viviamo fossero anche un’opportunità? Obbligandoci a fare un’esame di coscienza, ci invitano a ripensare al nostro modo di agire.
La buona notizia: l’essere umano è gentile. Ne dubitate? Degli studi lo dimostrano e le iniziative volte ad aiutarsi vicendevolmente e alla benevolenza si moltiplicano!
Cécile Guéret.
L’uomo non è un lupo per l’uomo. Egli è al contrario altruista, generoso e gentile con il suo prossimo.

Per tutti coloro che pensano che noi non siamo che dei calcolatori razionali ed egoisti, più o meno civilizzati attraverso le leggi del vivere insieme, questa concezione della natura umana richiede un tempo di adattamento. 
Eppure…come comprendere altrimenti il dilagare delle reti di aiuto (più di 500mila negli Stati Uniti) che, da Internet al caffè all’angolo, invitano alla scoperta dell’altro, al sostegno e all’ascolto, relegando la concorrenza e l’egocentrismo a dei comportamenti dell’età della pietra? Ecco che fioriscono i siti sui quali noi possiamo offrire questa bici che prende la polvere a uno sconosciuto, giusto per il piacere di farlo. Dove il turista può ancora trovare una buona anima che l’accoglie sul suo sofà o si prende il tempo per fargli visitare la sua città per pura gentilezza.
Nel 1996, a Parma, l’equipe del biologo Giacomo Rizzolatti, rivoluziona le neuroscienze, rivelando che i nostri neuroni specchio si attivano allo stesso modo sia quando noi proviamo un’emozione che quando vediamo qualcuno che la sta provando. Attraverso questo processo mimetico diretto, che risponde a una stimolazione e non passa per la ragione, noi percepiamo così le emozioni dei nostri simili come se fossero le nostre. Dal 2006, Felix Warneken e Michael Tomasello, ricercatori in psicologia a Leipzig, in Germania, hanno anche studiato la gentilezza spontanea dei bambini di 18 mesi: anche se sono immersi in giochi appassionanti in un ambiente piacevole e degli ostacoli si presentano sulla loro strada, essi vanno spontaneamente ad aiutare un adulto che ha bisogno di loro per, ad esempio, aprire un ripostiglio.
“Oggi si sa che essi portano soccorso a iniziare da una anno di età, ossia ancora prima della loro capacità di deambulare”, precisa lo psicologo Jacques Lecomte. La risonanza magnetica ha in seguito rilevato che i gesti di collaborazione attivano, nel cervello, le stesse zone del piacere di quando noi mangiamo  una torta o facciamo una coccola. Al contrario, la competizione stimola quelle del disgusto. Una conferma neurobiologica dell’espressione comune: “Mi fa piacere di farti piacere”.
Occorre per questo concludere che siamo gentili per provare questo piacere o per non soffrire più a causa dello spettacolo dello sconforto altrui?.
Degli studi dimostrano che esiste un altruismo autentico, sgombro da qualsiasi interesse personale, spiega Jacques Lecomte. Ma poco importa. La gentilezza non è incompatibile con il piacere personale!. Lo scopo, è quello di aiutarsi vicendevolmente per essere felici insieme!.

Una società più empatica
A questa visione rinvigorente della natura umana nel contesto di una crisi ansiogena e piuttosto scoraggiante, Jeremy Rifkin aggiunge una nuova lettura dei cambiamenti della nostra civiltà. Secondo lui, lo sfruttamento delle nuove energie associata  a una rivoluzione delle comunicazioni ha permesso lo sviluppo di una società sempre più cosmopolita, on line (connessa), allargando la nostra sensibilità empatica. Mai il mondo è stato altrettanto unificato quanto oggi. Un disastro ecologico o un incidente nucleare oramai muovono ognuno di noi. Non solamente perché ne siamo immediatamente informati, ma anche perché noi tutti ci sentiamo minacciati. L’eco mondiale della catastrofe di Fukushima, in Giappone, ha sollevato una straordinaria onda di solidarietà mondiale così come un grande sentimento di inquietudine.
Poiché, quando noi entriamo in empatia con gli altri, noi comprendiamo che la loro esistenza, come la nostra, è un affare fragile, aggiunge Jeremy Rifkin. Noi prendiamo consapevolezza della nostra comune vulnerabilità e realizziamo che dobbiamo il nostro più o meno ben-essere al peggioramento dello stato del pianeta.
Noi ci troviamo quindi difronte a una prospettiva lacerante : essere contemporaneamente così vicini all’empatia universale e ad un disastro climatico minacciante la nostra stessa esistenza.


© tutte le foto di questo sito sono del legittimo proprietario e sono utilizzate al solo scopo illustrativo