venerdì 23 settembre 2016

La pienezza della felicità

Post di Carla Cicalese
Tratto da Chuang-Tzu

La virtù dell’uomo santo è celata anche se egli non vive in mezzo ai monti e alle selve: egli non ha quindi bisogno di nascondersi. Non è che coloro che in antico erano detti saggi si ritirassero dal mondo, si nascondessero per non farsi vedere, chiudessero la bocca per non parlare e occultassero la sapienza per non pronunciarsi: il fatto è che era stato profondamente falsato il retto ordine naturale. Quando vigeva il retto ordine naturale e nel mondo si facevano progressi, i saggi riportavano tutto all’unità senza lasciare tracce; ma quando non vigeva il retto ordine naturale e nel mondo si facevano grandi regressi, essi aspettavano seduti sulle loro radici profonde e al colmo della tranquillità. Questa era la via per preservare la loro persona.
Gli antichi che preservano la persona non agghindavano la sapienza con i sofismi e non inquinavano il mondo e la virtù con la conoscenza artificiosa. Se ne stavano solinghi al loro posto e ritornavano alle loro qualità naturali. Che cos’altro restava loro da fare?
Nel Tao non si compiono azioni meschine, nella virtù non si possiede una conoscenza ristretta: compiere azioni meschine e possedere una conoscenza ristretta nuoce alla perfezione individuale. Perciò è stato detto: “Correggere se stessi, null’altro”.



La pienezza della felicità sta nel realizzare le proprie aspirazioni. Quello che gli antichi intendevano per realizzare le proprie aspirazioni non si riferiva al possesso di carrozze ufficiali e di berretti da cerimonia: in realtà niente poteva aumentare la loro felicità. Quel che oggi si intende per realizzare le proprie aspirazioni si riferisce invece proprio al possesso di carrozze ufficiali e di berretti da cerimonia – tutte cose che riguardano l’abbellimento della persona, non il decreto naturale. A un certo momento queste cose esteriori possono anche arrivare, ma, essendo transitorie, non si può né impedire la loro venuta né arrestare la loro andata.
Perciò i saggi antichi, quando le cose andavano bene non aspiravano alle carrozze ufficiali e ai berretti da cerimonia, e, quando si trovavano in povertà e nelle ristrettezze, non abbracciavano le convenzioni del volgo. Sia in quella sia in questa situazione, la loro felicità era la stessa, perciò non avevano afflizioni. Oggi, invece, se le cose su cui si fa affidamento vengono a mancare, si diventa infelici.
A giudicare da tutto ciò, oggi, anche se si è felici, non lo si è mai in un modo stabile. Perciò è stato detto: “Coloro che perdono se stessi nelle cose e smarriscono la loro natura nelle futilità sono uomini che capovolgono le posizioni



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