mercoledì 2 marzo 2016

A proposito di relazioni

di Sidrea Besacchi

Tratto da un discorso di Thich Nhat Hahn  "Quattro mantra" 

<In Vietnam c’è la storia famosissima di un marito che dovette andare in guerra, lasciando la moglie che era incinta. Tre anni dopo fu congedato e poté tornare a casa. La moglie andò ad accoglierlo all’ingresso del villaggio, portandosi il figlioletto. Quando marito e moglie si videro, non riuscirono a trattenere le lacrime. Si sentirono grati verso gli antenati che li avevano protetti, perciò il giovane chiese alla moglie di andare al mercato a comprare frutta, fiori e altre offerte da porre sull’altare degli antenati. Mentre lei era a fare spesa, il giovane chiese al bambino di chiamarlo papà, ma il figlio rifiutò: ‘Signore, voi non siete il mio papà. Il mio papà veniva ogni sera e la mamma parlava con lui e piangeva. Quando la mamma si sedeva, anche papà si sedeva. Quando la mamma si coricava, anche papà si coricava’. Nell’udire queste parole, il cuore del giovane si fece di pietra. Quando la donna tornò, egli non riusciva nemmeno a guardarla. Offrì i frutti, i fiori e l’incenso agli antenati, fece le prosternazioni e poi riavvolse il materassino, senza permettere alla moglie di compiere gli stessi riti, poiché non la considerava degna di presentarsi davanti agli antenati. Ella non comprese il perché di quel modo di agire. Nei giorni successivi, il marito non rimaneva a casa, andava a bere e non tornava che a notte fonda. Alla fine, dopo tre giorni di quella vita, ella non riuscì più a sopportare la situazione e si buttò nel fiume, annegando. La sera stessa del funerale, quando il padre accese la lampada a kerosene, il bambino esclamò: ‘Ecco il mio papà!’ e indicava l’ombra che il padre proiettava sul muro. ‘Così veniva papà ogni sera e la mamma parlava e piangeva con lui. Quando la mamma si sedeva, anche lui si sedeva. Quando la mamma si coricava, anche lui si coricava’. ‘Caro, da quanto tempo sei lontano. Come farò a crescere tutta sola il nostro bambino?’ diceva piangendo alla sua ombra. E una sera che il bambino le chiese chi e dove fosse suo padre, ella indicò la sua ombra sul muro e disse: ‘Ecco tuo padre’. Sentiva così tanto la sua mancanza! D’improvviso il giovane padre comprese, ma era troppo tardi.
Nel vero amore, non c’è posto per l’orgoglio. Non cadete nella stessa trappola. Quando vi sentite feriti dalla persona che amate, quando soffrite per causa sua, ricordate questa storia. Non agite come la madre e il padre del bambino. Non fatevi bloccare dall’orgoglio, praticate il quarto mantra: ‘Caro, soffro. Per piacere, aiutami’. Se realmente pensate che l’altro sia la persona che più amate nella vita, dovete farlo. Quando l’altro udrà le vostre parole, tornerà a se stesso e praticherà lo sguardo profondo. Insieme potrete risolvere la questione, riconciliarvi e dissolvere quella percezione.>

Forse occorre pensare anche a se stessi come “l’altro” ed amare il prossimo come se stessi, quindi vedere il mondo in termini di Noi, non io e tu. A volte quelle che sono ombre proiettate dalla luce che si accende, vengono scambiate dagli altri per i fantasmi delle loro paure e i fantasmi attirano ancora altre nostre paure e fantasmi: si costruiscono dei film-drammi personali nelle nostre singole solitudini. Siamo tutti sulla stessa barca: ci vuole coraggio perché è più semplice e comodo fermarsi alle parole negative e alle “sviste”, quello è il nostro film che proiettiamo e lo conosciamo bene. E’ molto più difficile ed impegnativa la strada del nuovo, agire al di là dei timori ed entrare nel confronto della realtà, perché vuol dire essere aperti alla Vita, in una parola Amare. Ma è questa apertura che mi fa sentire l’appartenenza e la mia forza vera: essere me stessa nel fluire della vita, ed apprezzarla sempre, nei suoi momenti alti e bassi, comunque sia. 



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